"sono a casa, sto bene, grazie."
Avevo scritto quel messaggio poco prima di arrivare a casa mia, mi ero accostata per aspettare.
Sapevo che non mi avrebbe deluso, ero certa che mi avrebbe chiamata, non sarei tornata a casa da sola.
La sua voce era calda e calma come sempre.
Solo tre giorni prima, l'avevo chiamato ragazzino, speravo che si offendesse e che mi lasciasse sola a vivere la mia angoscia,
ma lui aveva insistito.
Domande su domande, piccoli sorrisi strappati, piccole attenzioni e ore solo per me.
Me che ero stata abbandonata in un modo dolcissimo, ma non per questo meno doloroso.
Mentre tornavo a casa, la sua voce mi coccolava ancora di più mentre si allonava.
Tornata a casa cercavo di distrarmi, mentre obbedivo ai suoi ordini controllavo nervosamente il cellulare.
Nella mia mente il dubbio, la paura, la certezza di meritarmi di essere trattata così, avevo avuto fretta e lui aveva giocato.
Tremavo, avevo paura, il suo cellulare era spento.
Alle diciannove finalmente un suo messaggio
"Sto bene, mi hanno ridato il cellulare solo adesso, ho avuto un incidente con l'auto, sta tranquilla."
Cominciò cosi il mio viaggio con lui.
Serena.
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